Ad Antananarivo si è tenuta recentemente la Conferenza sulla salute delle madri, dei bambini e la lotta contro la malaria, dove sono stati presentati i dati e le statistiche relative al Madagascar.
La mortalità materna (si intende la morte della donna durante il parto o nei seguenti 42 giorni dalla cessazione della gravidanza per 100.000 nati vivi) in Madagascar è attualmente di 408/100.000 (dati relativi al tutto il 2021) e, seppure si registri una diminuzione nel corso degli ultimi 30 anni (nel 1992 era di 660/100.000), rimane comunque elevatissima: basti pensare che in Italia è di 3/100.000, mentre le punte più elevate in Europa le troviamo in Moldavia e Romania (18-19/100.000).
Le cause di questa situazione disastrosa sono molteplici: pochissime donne possono accedere a dei consultori e a centri di sanità dedicati alle future madri, la quasi impossibilità ad accedere poi a centri equipaggiati per terapia d'urgenza a seguito di complicanze ostetriche e neonatali, il costo elevato e impossibile da sostenere per acquistare medicine, garze, ecc. (in teoria tutto sarebbe gratuito ma in pratica tutto è a pagamento). Infine il grande ritardo nel presentarsi ai pochi centri equipaggiati, sovente dopo 2/3 giorni di travaglio, in condizioni sanitarie molto gravi.
Nel nostro centro, fino al periodo pre Covid, sono giunte annualmente tra le 40 e le 60 donne in grave situazione, in travaglio (parecchie da più giorni), provenienti da lontani villaggi e siamo riusciti a salvarle tutte: la mortalità registrata nel periodo 2010-2019 è stata infatti quasi dello 0%. La sola donna gravida deceduta è arrivata con feto morto in utero e stato di setticemia avanzata.
Dopo il periodo Covid, che ha notevolmente ostacolato gli spostamenti della popolazione, vi è stato recentemente un cambio nel personale medico e abbiamo scelto proprio un dottore con particolare esperienza ostetrica-ginecologica, in considerazione alla relativa frequenza di tali problemi e della importanza nel risolverli.
Il problema è aggravato dal fatto che la morte di una mamma in Madagascar, come in molti paesi africani, non significa solo il decesso di una persona ma rappresenta la "morte di una famiglia", poiché la donna è il vero motore e saldo timone della famiglia africana!
La situazione descritta è aggravata dal riscontro di una elevata prevalenza di infezioni batteriche, anche gravi, nei neonati, con un tasso di 103 casi ogni 1000 nati vivi, cioè dieci volte superiore a quello osservato in Europa o in America del Nord.
La mortalità di questi neonati rimane elevate a causa della difficoltà al reperimento di antibiotici mirati e del loro elevatissimo costo, nonché al cattivo uso che viene fatto sovente di quelli disponibili, specie nei centri isolati.
Un altro grande problema che affligge l'isola è la malaria e tutti gli indicatori sono peggiorati nel corso degli ultimi cinque anni: si è passati dai 417.000 casi accertati nel 2016 ai 2,4 milioni casi nel 2021!
La malaria colpisce poi più frequentemente le donne (ed è sovente grave in quelle incinte) e i bambini/ragazzi di età inferiore ai 15 anni. Spesso i soggetti presentano la forma clinica definita "malaria cerebrale", difficile da curare e che spesso lascia dei postumi irreversibili a livello delle funzioni neurologiche.
Un problema sanitario emergente è, invece, quello legato all'insufficienza renale, primaria o sovente secondaria. Il professore Willy Randriamarotia, primario della divisione universitaria di nefrologia in capitale, ha più volte denunciato come in oltre il 50% dei malati con insufficienza renale, le cause primarie siano da ricercare nell'ipertensione arteriosa nel diabete non curati.
Tali patologie stanno vertiginosamente aumentando nei centri urbani a causa della modificazione degli stili di vita, rivolti ormai a copiare quelli dei "bianchi europei" con diete ricche di grassi e con molto sale. Nelle località isolate, invece, non si ha accesso ad ambulatori e la popolazione si rivolge a pratiche tradizionali ricche di tisane e derivati vegetali, sovente estremamente tossici e con risultati finali disastrosi.
Per coloro che sempre più necessiterebbero di sottoporsi a un trattamento dialitico, le speranze sono minime, a causa della penuria di centri specializzati e della scarsità dei mezzi a disposizione, presenti solo in poche grandi città e con una disponibilità di posti minima.
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